Il Rossese di Dolceacqua: tra qualità e tradizione

Quella appena conclusa è stata la settimana del Festival della canzone italiana a Sanremo, località in cui ho avuto il piacere di trascorrere alcuni giorni. Oltre alla manifestazione canora, numerose sono le risorse enogastronomiche che l’intera regione vanta, e quale migliore occasione per inaugurare la rubrica “50 sfumature di rosso” se non parlandovi proprio di un vino caratteristico del territorio ligure.

Ho scelto di parlarvi del Rossese di Dolceacqua, tipico della Riviera di Ponente. Il suo colore è rosso chiaro, l’odore è fruttato e persistente, il sapore asciutto, piacevole dal primo all’ultimo sorso. Prodotto nell’area del Ponente ligure, più precisamente in Val Nervia, in Val Verbone e in una porzione della Valle Roja in provincia di Imperia, è sicuramente un vino che si abbina bene alla cucina. Particolarmente adatto ad essere accostato alla carne, le pietanze consigliate per apprezzarlo al meglio sono capra, capretto, agnello e coniglio, specialmente se cotti al forno. Cavallo di battaglia del Rossese è la sua versatilità proprio in tema di accostamenti, infatti, nonostante si tratti di un rosso, si adatta ad essere sorseggiato anche con piatti a base di pesce come la carpa, specialmente se pescato dalle acque liguri.

Altra caratteristica distintiva è rappresentata dall’insolita temperatura a cui si consiglia; tradizione vuole che sia servito a circa 15 gradi, per le bottiglie più giovani addirittura a 14, aspetto fortemente curioso e peculiare se si considera la tinta di questo vino. Il calice che si presta maggiormente è di medie dimensioni, con una buona larghezza della pancia per permettere facilmente l’ossigenazione. Sono oggi iscritti all’albo due tipi di Rossese, quello di Dolceacqua e il Ruzzese, ma vi è poi una varietà di qualità inferiore coltivata nel savonese.

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Le proprietà qualitative che fanno del Rossese un vino degno di nota, partono dalla sua vite e in particolare dalla sensibilità del grappolo, che lo rendono di faticosa coltivazione. Ma spesso le cose belle (in questo caso buone) sono anche le più difficili, e nel caso del Rossese di Dolceacqua la fatica vale decisamente la pena di essere fatta! Inoltre, la difficoltà di coltivare questa vite rende incostante la produzione a livello di litri prodotti e imbottigliati ogni anno. Il proprietario di una nota enoteca sanremese mi racconta, riempendomi il bicchiere, che sia la superficie coltivata sia le bottiglie in vendita sono radicalmente diminuite negli ultimi anni a causa della fragilità della vite e delle pessime condizioni atmosferiche.

La denominazione D.O.C. è meritatissima, sia dal punto di vista della lunga tradizione, sia per l’autenticità del vitigno. Di nobili tradizioni, antico e da tempo apprezzato, lo ritroviamo vicino a grandi uomini della storia come Napoleone, grande estimatore del buon bere. E se è vero che il Rossese di Dolceacqua è un vino in via d’estinzione, vi consiglio di assaggiarlo il prima possibile.

Di Giulia Mazzella

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