Che il nettare di Bacco facesse bene all’anima era risaputo fin dall’antichità, ma i vini biologici, biodinamici e naturali dimostrano che il vino può anche essere rispettoso dell’ambiente.
La sensibilità salutistica, inizialmente riservata solo all’ambito alimentare, si è finalmente soffermata anche sul vino nel tentativo di codificare un’idea del bere sano, sia dal punto di vista dell’impatto ambientale (quel che si coltiva in vigna) che degli effetti sull’organismo. Infatti, il vino realizzato con l’ausilio di additivi chimici ha un effetto negativo non solo sulla salute di chi lo beve, ma anche sulla bevanda stessa, in quanto conduce inevitabilmente alla omologazione del gusto. In parole semplici, l’enologo si serve della chimica per correggere in cantina un gusto che è troppo peculiare e di nicchia, per confezionare invece un prodotto adatto al gusto medio del mercato, che abbia quindi una maggiore possibilità di vendita: i bianchi devono essere più alcolici che acidi e i rossi corposi, con un grado alcolico medio-alto.
Così, se l’uva non è molto profumata si possono utilizzare lieviti aromatizzanti per la fermentazione, se un vino è troppo acido si può ridurre l’acidità con bicarbonato di potassio e carbonato di calcio, se è poco alcolico si può aggiungere mosto concentrato e si può ammorbidire il gusto con gomma arabica. In totale esistono circa 200 additivi chimici che è consentito aggiungere nella miscela del vino convenzionale.
Il risultato di queste aggiunte è che alla fine tutti i vini si somigliano, nonostante la peculiarità della più nobile delle bevande risieda appunto nella sua grande varietà e nella capacità di assumere infinite sfumature di sapore differenti in base a vitigno, provenienza e annata.
Tuttavia solo i solfiti, per legge, devono essere dichiarati nell’etichetta del prodotto. I solfiti sono aggiunti nel mosto come antibatterici e poi all’imbottigliamento come stabilizzanti, perché aiutano la conservazione del vino. I solfiti non apportano conseguenze dal punto di vista gusto-olfattivo, ma è meglio non abusarne (un esempio delle controindicazioni è il “mal di testa del giorno dopo” tipico del vino bianco, che contiene più solfiti del rosso: i limiti nel vino convenzionale sono 200 mg/l per i bianchi e 150 per i rossi).
Vini biologici
Un vino biologico è essenzialmente un vino proveniente da agricoltura biologica, in cui la vigna è lavorata senza prodotti di sintesi: al posto dei pesticidi si usano rame e zolfo e anziché concimi chimici, quelli organici.
Tuttavia, la certificazione di vino biologico consente l’utilizzo di 40 additivi. Il vino biologico aderisce a delle leggi promulgate con il Regolamento Europeo 202/2012, grazie alle quali può essere certificato come “vino Biologico” con accanto il logo dell’ Unione Europea.
Un vino biologico è sicuramente più sano di uno ottenuto da una produzione convenzionale. La legge ci dice dunque che un vino biologico è il prodotto di un armonico rapporto tra territorio, natura e uomo.
Vini biodinamici
Così sono detti i vini ottenuti da uve biodinamiche, che seguono cioè i dettami del filosofo austriaco Rudolf Steiner riguardo alla coltivazione della terra.
Secondo Steiner, la vigna è un’entità viva, la cui energia deve essere riattivata attraverso l’equilibrio tra le forze di gravità (terra, animali e piante) e quelle di levità (calore, aria e luce). A questo scopo si utilizzano usano specifici preparati biodinamici, anziché semplicemente biologici. Fondamentale secondo Steiner è anche il rispetto del calendario lunare per potatura, imbottigliamento e travasi.
I vini biodinamici sono dunque ancora più salutari di quelli biologici. L’unica certificazione esistente riguarda solo la viticoltura in vigna, ma gli enologi che abbracciano una pratica così estrema sono soliti prestare particolare attenzione a non esagerare con la chimica in cantina.
Potrebbero far esprimere al meglio le potenzialità delle piante e ristabilire le giuste connessioni tra il terreno e il cielo
Vini naturali
Il vino naturale, prodotto da vitigni autoctoni, è caratterizzato dal pieno rispetto dei cicli naturali e dalla naturalità dei lieviti utilizzati in cantina.
La vendemmia avviene manualmente con il minimo utilizzo di motori in vigna, i produttori di vini naturali si impegnano a usare il meno possibile prodotti di sintesi e additivi in cantina: tra i filari sono ammessi solo rame e zolfo, solo fermentazioni spontanee senza quasi usare lieviti selezionati, niente correttivi, niente controllo di temperature o azioni di chiarificazione o filtrazioni che alterino l’equilibrio finale. Nel mosto, quindi, nessuna sostanza estranea sarà aggiunta anche se non è impedito l’uso dei solfiti, indispensabili per prevenire alterazioni batteriche o ossidazioni (meno di 50 mg/l).
La produzione di vini naturali è normalmente riscontrabile in piccole cantine con un approccio artigianale. A oggi non esiste una certificazione ufficiale.
I motivi per convertirsi al consumo di vini bio, biodinamici e naturali sono innumerevoli. In primis, i vini risultano più facilmente digeribili e il ridotto contenuto di solfiti diminuisce la probabilità di fastidi fisici, come ad esempio il mal testa.
In secondo luogo bevibilità e gusto sono esaltati.
Infine, nella loro tipicità i vini bio e naturali meglio raccontano le caratteristiche di vitigno, territorio e annata, appunto perché il ridotto contenuto di additivi chimici riduce la sensazione di monotonia del gusto.
Si parla spesso di equilibrio ed armonia, in questi casi il significato si allarga, includendo nella valutazione non solo i sapori e gli odori, ma l’ambiente, la natura e la manualità dell’uomo.
Camilla Cameroni